La paura di alienarsi le simpatie di parte dell'elettorato (id est, perdere voti) frena costantemente i nostri parlamentari. Così ancora una volta il potere legislativo ha di fatto conferito una delega in bianco al potere giudiziario e ne sta scaturendo il sistematico smantellamento della ben nota "legge 40". Per ultimo c'è stato il riconoscimento da parte della Consulta della legittimità di poter far ricorso alla fecondazione eterologa. A questa decisione si è aggiunta proprio in questi ultimi giorni la sentenza del Tribunale di Grosseto, che ha disposto la trascrizione di un matrimonio celebrato a New York nel dicembre 2012 da una coppia omosessuale.
Il fatto che si tratti di temi etici, cioè di materia che coinvolge direttamente le coscienze e le convinzioni religiose dei cittadini non giustifica il pavido comportamento dei nostri parlamentari. La loro paura di affrontare e disciplinare con norme specifiche problemi non da tutti condivisi per timore di alienarsi le simpatie di parte dell'elettorato non può, né in modo assoluto, deve indurli ad accantonare sine die la promulgazione di norme che soddisfino l'attesa di una crescente massa di cittadini.
Non è ammissibile che il legislatore lasci campo libero ai giudici, anche perché prima che si formi un orientamento giurisprudenziale consolidato occorrono anni, a volte decenni, tra decisioni – spesso contrastanti- delle varie Corti di merito, indirizzo univoco della Cassazione a Sezioni Unite ed interventi definitivi della Corte Costituzionale.
Va oltre tutto considerato che l'emanazione di leggi che coinvolgono le coscienze dei singoli cittadini non significa forzare la volontà delle masse. In temi quali il divorzio, l'aborto, la fecondazione assistita, il ricorso alla procreazione su commissione (il cd. "utero in affitto", in Italia vietato, ma in vari Paesi stranieri praticato), unioni gay, ecc. le leggi esistenti o da promulgare non ne imporrebbero a tutti i cittadini l'assoluto rispetto. Le persone cioè possono o, a seconda i casi, potrebbero sempre divorziare o meno, praticare o meno l'aborto, essere o meno disposti a ricorrere all'impianto di gameti di terzi donatori, ecc.
Il legislatore invece, emanando leggi invocate da vasta massa di cittadini, ottempererebbe a ciò che è il suo principale dovere, ahimè troppe volte non onorato, che è quello di rispettare la libera scelta dei cittadini.
E' di questi giorni la notizia che la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità della Legge n°40 dell'anno 2004 nella parte in cui vieta la fecondazione eterologa. Di fatto quindi anche in Italia risulta ammessa quella pratica, in gran parte dei Paesi più progrediti da tempo esistente, che consente alle coppie sterili di procreare impiantando i gameti di terzi donatori.
Con questa recente sentenza della Corte Costituzionale la Legge n°40/2004 è stata stravolta già 32 volte da decisioni dei nostri giudici. La gran parte dei provvedimenti ha riguardato la donazione dei gameti e la richiesta di diagnosi preimpianto degli embrioni (vanamente invocata dalle coppie fertili, ma affette da malattie genetiche, stante il divieto tutt'ora esistente), nonchè l'utilizzo di gameti donati da soggetti estranei alla coppia, divieto che finalmente è stato rimosso. Va ricordato in questa occasione che, grazie ad interventi dei giudici è oggi possibile coltivare più di tre embrioni , di impiantare gli embrioni non in unico e contemporaneo intervento, ma anche in riprese successive, effettuare analisi preimpianto degli embrioni. Tutte cose vietate dalla legge n°40/2004.
Ad oggi risultano ancora da superare i divieti da detta legge imposti inerenti la ricerca sugli embrioni e la possibilità per le coppie gay e per i single di ricorrere alla fecondazione eterologa. Ma non possiamo che attendere ulteriori interventi del potere giudiziario, vano sarebbe confidare in una iniziativa del sonnolento potere legislativo.
La seconda notizia di questi giorni riguarda la decisione del Tribunale di Grosseto che ha ordinato al Comune di quella città di trascrivere, come era stato invano richiesto dagli interessati, il matrimonio che una coppia omosessuale aveva contratto fin dal dicembre 2012 a New York. Secondo il giudice di Grosseto gli artt. 84 – 88 del codice civile non fanno specifico riferimento al sesso della coppia, quindi non indicano in modo vincolante tra le condizioni per ottenere la trascrizione di un matrimonio quella della differenziazione del sesso dei componenti la coppia. Non commentiamo questa decisione, che però ci sembra fondata su basi molto fragili e difficilmente costituirà un valido precedente giurisprudenziale. Aggiungiamo anzi che c'è già stato immediato appello da parte del pubblico ministero, che ha invocato un diverso orientamento espresso dalla Cassazione.
Resta comunque il fatto che ancora una volta un giudice ha dato una vigorosa spallata ad una norma del nostro ordinamento, mentre il nostro legislatore continua a contraddistinguersi per la sua perdurante sonnolenza, rectius per la sua mancanza di coraggio nell' affrontare temi etici, per il solo timore di alienarsi le preferenze dei propri elettori.
Sta quindi ai cittadini, oltre che ai giudici, ricordare ai parlamentari che un moderno Stato civile ha diritto a pretendere norme invocate da sia pur parte dei cittadini e che siano rispettose del libero volere dei singoli. Anche perché – ribadiamo – i cittadini sono poi liberi di avvalersi i meno di tali norme, mentre resta inscalfibile il principio su cui fonda una nazione civile, che è quello del rispetto assoluto della libertà.


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