Da giorni mi ero riproposto di affrontare l'argomento della violenza familiare.
Precisamente da quando - stufo di leggere percentuali diverse da rivista a rivista, da quotidiano a quotidiano - ho deciso di verificare di persona i dati ed i numeri ufficiali del fenomeno, consultando l'unico ente statistico pubblico.
Il risultato è terribile.
Eppure, ogni volta che ho provato a mettere "penna su carta", il foglio è rimasto desolatamente bianco, l'enormità di quanto è emerso mi ha travolto, e non è stato facile raccogliere le idee abbastanza da darvi forma comprensibile. L'indignazione è troppo forte.
Nonostante le esitazioni, tuttavia, qualche considerazione va espressa.
Nell'anno 2006, ultimo per il quale siano disponibili numeri ufficiali, il 31.9% delle donne fra i 16 ed i 70 anni residenti in Italia ha subito una violenza fisica e/o sessuale. Questo vuol dire che quasi una donna su tre, delle nostre figlie, sorelle, mogli, è stata costretta a subire atti inconcepibili e ributtanti, contro la propria volontà.
Si badi: sono dati ricavati dalle denunzie o dalle notizie di reato giunte alle autorità. E' forte il sospetto che molti altri episodi siano in realtà passati sotto silenzio.
Confesso che in un primo momento il dubbio di non essere stato capace di leggere correttamente le tabelle dell'Istat mi ha assalito con forza, tanto da indurmi a chiedere l'aiuto di una collega per verificarli.
Il giorno dopo, poi, sul Corriere della Sera, ho notato la seguente notizia: "...rimane difficile raccogliere dati sul femminicidio; l'ultimo rapporto che ha tentato di fare una fotografia d'insieme risale al 2010 e segue di dieci anni quello precedente. I risultati non sono confortanti: secondo il Consiglio d'Europa il 25% delle donne in Europa, cioè una su quattro, a un certo punto della propria vita ha subito violenza domestica".
Tutto vero, quindi.
A peggiorare le cose, si aggiunge il fatto che i dati disponibili sono comunque molto parziali, sia perché incomprensibilmente risalenti nel tempo, sia perché incompleti. Manca infatti un'analisi relativa a tutti gli ambiti della violenza familiare, tale da farne emergere compiutamente la drammaticità.
Penso per esempio agli atti commessi a danno dei minori, o degli anziani, alle violenze psicologiche come lo stalking o a quelle derivanti dalle situazioni conflittuali post-separazione, dove molto, troppo spesso, uomini e donne danno il peggio di sé, ad unico e solo danno dei bambini.
In ogni caso, anche da quel poco che è possibile verificare, emerge un quadro spaventoso.
Appariamo come una società nella quale sempre di più si tende ad affermare il sé attraverso lo strumento della sopraffazione, perfino negli ambiti in cui la componente affettiva dovrebbe essere preminente rispetto all'interesse diretto.
Forse che anni ed anni di esaltazione della competizione, del soddisfacimento a tutti i costi della propria ambizione contro ogni ostacolo materiale o morale, unita alla contestuale sollecitazione a dissolvere il concetto di comunità, di bene comune, di ideale cui sacrificare l'individuale, hanno finito col convincerci che qualunque desiderio egoistico sia legittimo? Che cose e persone non differiscono fra loro, potendo essere possedute o distrutte, indifferentemente?
O forse il fenomeno osservato non è altro che un residuo, una conseguenza culturale risalente nientemeno che all'epoca romana, nella quale il pater-familias esercitava sul proprio clan la vitae necisque potestas (diritto di vita o di morte) fin dal momento in cui, scegliendo se sollevare il figlio da terra, riconoscendolo, o, al contrario, lasciandolo affinché venisse gettato in strada ed abbandonato, decideva del suo destino?
Ebbene, che sia l'una o l'altra ragione, o un insieme di entrambe, o ancora la somma di altre non certo più edificanti ragioni, il risultato cui si assiste è il consolidamento di un'idea distorta ed irreale di rapporto fra esseri umani, di confronto, di progresso.
Nè la politica né la magistratura sanno offrire risposte significative.
I politici, si affannano a produrre dettati normativi frutto più del desiderio di compiacere questo o quel gruppo di lobbisti che espressione di un progetto sociale da proiettare nel futuro; la magistratura, dal suo canto, si affanna in un'opera di amministrazione e repressione con tentazioni educative ideologiche, che naufraga però nelle mille difformità interpretative ed applicative, tali da produrre solo confusione ed incertezza in chi vi ricorra.
Cosa rimane allora? Quale entità culturale o morale può intervenire? Dobbiamo aspettare che qualcuno lo faccia?
Chi ha la responsabilità di non aver voluto o potuto sottoporre alle coscienze dei singoli una riflessione più seria e realistica su un fenomeno che, oltre ad essere raccapricciante per le singole vittime, è anche drammaticamente deleterio per l'intera comunità?
Chi avrà il coraggio di affermare non solo l'immoralità delle violenze, ma anche e soprattutto la loro somma, incredibile, insuperabile stupidità?
E chi, chi mai avrà la forza di smettere di sostenere il soddisfacimento a tutti i costi di ogni e qualsivoglia desiderio -estremamente funzionale alla logica consumistica-, a favore di una forse meno esaltante, ma sicuramente più realistica visione della vita in cui compromessi, sacrifici, rinunzie, non siano percepiti come elementi negativi e frustranti ma anzi quali comportamenti essenziali a costruire, edificare, rafforzare se stessi e la comunità?
La verità è che il bambino che assecondi la propria golosità mangiando troppi dolci, viene poi afflitto da un gran mal di pancia… e che, insistendo, non potrà evitare di diventare un obeso, compromettendo così la propria salute. Questo lo sanno i bambini, e perfino i loro genitori.
Stranamente però, la cultura dominante, e con essa gli "adulti", lo dimentica, non appena si tratti di indurre al consumo ininterrotto di auto, di cellulari o del "prossimo", non fa differenza.
La violenza, come atto supremo di possesso, è stupida. Non ottiene mai ciò che si prefigge ma anzi raggiunge di solito il risultato opposto.
La violenza dell'uomo sulla donna che lo lascia, è sommamente, incommensurabilmente, stupida. Come si può riconquistare l'amore vero e consapevole, col male?
La violenza psicologica che si esercita, ahimè!, nell'uso strumentale dei minorenni per ottenere più o meno denaro in fase di separazione, è stupida; sommamente stupido è chi, parti, avvocati o chiunque altro se ne faccia strumento, favorisca ed incentivi tale esercizio, facendo in modo che un pugno di denari rovinino per sempre la vita di figli e genitori.
Il tollerare queste e le altre innumerevoli forme di violenza è, credetemi, incredibilmente stupido.
Per il carnefice, per la vittima e per noi tutti, che stiamo demolendo il nostro futuro sistematicamente e con la massima indifferenza (tanto da accettare come fosse normale che le pagine dell'istituto nazionale di statistica siano aggiornate a ben cinque anni fa), ma felicissimi di poter consumare nuove avventure, nuove auto e nuove fotocamere, da buttar via o da distruggere non appena ce ne saremo annoiati.
Se continueremo ad esercitare questa forma di ignavia, individuale e collettiva, senza provare un profondo desiderio di ribellarcene, magari aspettando che qualcuno intervenga salvificamente per noi, finiremo col meritare davvero ogni violenza e, soprattutto, tutta la stupidità del mondo.
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