di Redazione

Muore in un incidente stradale un uomo di 71 anni ed i figli ed i nipoti adiscono l'autorità giudiziaria per vedersi visto riconoscere il risarcimento del danno patrimoniale e non.

In particolare, la questione posta all'attenzione della Corte di Cassazione è se, nell'ambito del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale per la morte di un congiunto, il rapporto (reciproco) nonni-nipoti debba essere, o meno, ancorato alla convivenza per essere giuridicamente qualificato e rilevante, dovendosi escludere, nel caso lo si ritenga ancorato alla convivenza e questa non via sia, la possibilità di provare in concreto l'esistenza di rapporti, costanti e caratterizzati da affetto reciproco e solidarietà , con il familiare defunto.

Sul punto, la Cassazione dà atto dell'esistenza di due pronunce contrastanti espressive di diversi approcci ermeneutici.

La prima, risalente nel tempo (Cass. 23 giugno 1993, n. 6938), ritiene necessaria la convivenza e collega, dunque, la risarcibilità , oltre che all'esistenza del rapporto di parentela, alla perdita di un effettivo sostegno morale, ancorando tale perdita alla sola presenza di una posizione qualificata.

La seconda (Cass. 15 luglio 2005, n. 15019), resa in una fattispecie in cui rilevava solo il danno ai nipoti per la morte del nonno, non differenzia la posizione dei nipoti rispetto agli stretti congiunti (coniuge, genitori, figli) e individua il fondamento del danno non patrimoniale, per tutti i superstiti, nella lesione di valori costituzionalmente protetti e di diritti umani inviolabili, costituendo la perdita dell'unità familiare perdita di affetti e di solidarietà inerenti alla famiglia come società naturale. Tale sentenza, in sintesi, ritiene sufficiente l'emersione, sul piano probatorio, di "normali rapporti" che, specie in assenza di coabitazione, lasciano intendere come sia rimasto intatto, e si sia rafforzato nel tempo, il legame affettivo e parentale tra prossimi congiunti. Esclude, dunque, che l'assenza di coabitazione possa essere considerata elemento decisivo, essendo tale assenza imputabile a circostanze di vita che non escludono il permanere di vincoli affettivi e la vicinanza psicologica con il congiunto deceduto.

La Corte, tuttavia, ritiene di dare seguito all'impostazione più risalente.

A favore di una posizione qualificata giuridicamente, affinchà© possa essere configurato il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale per la morte del nonno o del nipote, militano: la configurazione della famiglia, emergente dalla Costituzione come famiglia nucleare; la posizione dei nonni nell'ordinamento giuridico; il bilanciamento, che il dato esterno e oggettivo della convivenza consente, tra l'esigenza di evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari e la necessità , costituzionalmente imposta dall'art. 2 Cost., di dare rilievo all'esplicarsi dei diritti della personalità nelle formazioni sociali e, quindi, nella famiglia dei conviventi, come proiezione sociale e dinamica della personalità dell'individuo.

Dai precetti costituzionali dedicati alla famiglia (artt. 29, 30 e 31 Cost.), anche alla luce del modo come essi si sono inverati nell'ordinamento, attraverso l'opera congiunta della giurisprudenza del Giudice delle leggi e del legislatore ordinario, emerge una famiglia (anche di fatto) nucleare, incentrata su coniuge, genitori e figli, rispetto alla quale soltanto è delineata la trama dei diritti e doveri reciproci.

D'altro canto, le disposizioni civilistiche che, specificamente, concernono i nonni, non sono tali da poter fondare un rapporto diretto, giuridicamente rilevante, tra nonni e nipoti, ma piuttosto individuano un rapporto mediato dai genitori-figli o di supplenza dei figli. Si consideri: l'art. 148 cod. civ., dove l'obbligo, peraltro economico, dei nonni, si configura, anche se a vantaggio dei nipoti, nei confronti dei genitori-figli in caso di mancanza di mezzi economici di questi ultimi; l'art. 336 cod. civ., dove ai nonni, insieme agli altri parenti, è data la possibilità di attivare gli strumenti giudiziali a favore dei nipoti, per il caso di cattivo esercizio della potestà genitoriale dei genitori-figli e, quindi, con funzione di vigilanza di questi ultimi; l'art. 348 cod. civ., dove gli ascendenti sono individuati tra i possibili tutori dei nipoti, nel caso di mancanza dei genitori e, quindi, ancora una volta, con funzione suppletiva. Nà© ai nostri fini, può assumere rilievo l'art. 155 cod. civ., come novellato dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, relativa all'affido condiviso, dove la previsione del diritto del minore a conservare i rapporti, anche con t nonni oltre che con gli altri parenti, si pone sul diverso piano di favorire la continuità dei rapporti affettivi in un contesto di disgregazione e crisi della famiglia nucleare.

"In tale quadro normativo "“ conclude la Corte -, deve ritenersi che il fatto illecito, costituito dalla uccisione del congiunto, dà luogo a danno non patrimoniale, consistente nella perdita del rapporto parentale, quando colpisce soggetti legati da un vincolo parentale stretto, la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che connota la vita familiare nucleare. Mentre, affinchà© possa ritenersi leso il rapporto parentale di soggetti al di fuori di tale nucleo (nonni, nipoti, genero, nuora) è necessaria la convivenza, quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli affettivi, di pratica della solidarietà , di sostegno economico. Solo in tal modo il rapporto tra danneggiato primario e secondario assume rilevanza giuridica ai fini della lesione del rapporto parentale, venendo in rilievo la comunità familiare come luogo in cui, attraverso la quotidianità della vita, si esplica la personalità di ciascuno (art. 2 Cost.). La presenza di un dato esteriore certo, a fondamento costituzionale, che elimina le incertezze in termini di prevedibilità della prova caso per caso - della quale non può escludersi la compiacenza - di un rapporto affettivo intimo intenso, si sostituisce, cosà¬, al dato legalmente rilevante della parentela stretta all'interno della famiglia nucleare e, parificato a quest'ultimo, consente di usufruire dello stesso regime probatorio, per presunzione della particolare intensità degli affetti, che la giurisprudenza di legittimità ammette per i parenti stretti" (da ultimo, Cass. 13 maggio 2011, n. 10527).


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