di Federico Petitti
La rottura del rapporto di coppia con figli, specie se minori, comporta nella maggior parte dei casi una vera e propria guerra che si scatena tra le due controparti.
In tali controversie è quasi costante il tentativo di addebitare all'altro componente della coppia comportamenti illeciti, con il tentativo di metterlo in cattiva luce con il minore e di creare in quest'ultimo sentimenti negativi, fino a fargli respingere la figura stessa dell'altro genitore.
Tale comportamento è stato analizzato e per la prima volta descritto nel 1984 da Richard Gardner, uno psicologo infantile statunitense, che lo definଠ"sindrome di alienazione parentale".
Richard Gardner riteneva che in molti casi di separazione il genitore affidatario, di norma la madre, operasse un vero e proprio "lavaggio del cervello" sulla prole, per indurre il minore a detestare l'altro genitore, fino a farlo respingere del tutto.
Tutti ricordano il più recente, o quanto meno il più eclatante caso del padre che, con l'ausilio della forza pubblica, ha fatto prendere di peso un ragazzino, il cui affidamento gli era stato assegnato, in revoca di precedente provvedimento giudiziale, per u n caso di una riconosciuta sindrome di alienazione parentale.
L'indirizzo scientifico del dott. Gardner, però, è tutt'altro che condiviso in sede scientifica, per due specifici motivi. Sia perchà© si tratta di una teoria priva di adeguato supporto scientifico, sia perchà© l'eventuale generalizzato caso di ricorso a questa teoria nei casi dei giudizi di separazione delle coppie ed affidamento di minori, potrebbe indurre ad offuscare il prioritario principio dell'interesse del minore stesso.
Il presidente della Società pediatrica Giovanni Corsello ha sintetizzato tale concetto, affermando che " se i bambini soffrono per il divorzio dei genitori, non devono essere etichettati con patologie, ma ascoltati; non obbligati, ma aiutati".
Analogo concetto è stato sostenuto da due psicologhe, Consuelo Barea e Sonia Vaccaro, che hanno definito la sindrome "un costrutto pseudoscientifico", potenzialmente dannoso per il bambino, non in grado di proteggerlo dagli adulti" (in PAS, presunta sindrome di alienazione parentale, Editpress).
Di contrario avviso è invece il neuropsichiatra Francesco Montecchi, secondo il quale l'azione denigratoria da parte di un genitore nei confronti dell'altro comporta sempre dei rischi per il minore, in quanto anche nel caso in cui sia un giudice a riconoscere che uno dei due genitori è "il cattivo" e l'altro genitore "il buono" risulta comunque compromesso "l'armonico sviluppo psicologico del minore".
La quotidiana, annosa esperienza in materia ci insegna che con il tempo anche le più perverse contese tra le coppie separate si stemperano gradualmente e si lenisce l'aspra guerra per l'affidamento dei figli (che oggi finalmente è quantomeno condiviso). Questi poi, crescendo, sono portati a rivalutare anche la figura del genitore che sia stato ingiustamente vituperato dalla controparte.
Malgrado questa positiva considerazione è da tener sempre presente che, anche nei casi di più pernicioso dissidio tra i membri separati della coppia, va sempre attribuito valore preminente all 'interesse del bambino. E' lui che va sempre tutelato, o cosଠalmeno dovrebbe essere, nei procedimenti di separazione per il suo affidamento.


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