di Federico Petitti*

Non illudiamoci, i nostri parlamentari sono assorbiti da altre priorità, interessanti tutti i cittadini (la legge elettorale), varie fasce di cittadini (provvedimenti per l'occupazione), necessità di evitare sanzioni comunitarie ( svuotamento delle carceri ) e questioni che stanno a cuore essenzialmente chi è al potere ( conflitto d'interessi, abolizione delle province, abolizione o meno degli enti inutili, contenimento delle spese pubbliche, ecc.). Con l'assillo di dover affrontare, magari solo per differirne la soluzione, tali problemi i nostri governanti non possono affrontare una questione evidentemente ritenuta molto marginale, quale il varo di una disciplina normativa che regolamenti i rapporti tra conviventi di fatto. 

Allo stato, quindi, nella paziente attesa di una specifica legge, non resta che "arrangiarsi". Eppure le sorti dei conviventi non possono – rectius, non dovrebbero! – essere qualificate come pretese di seconda scelta, quasi "diritti di serie B". I parlamentari non possono – né dovrebbero – ignorare che in Italia, tra l'anno 2007 ed il 2011 (la più recente statistica disponibile) le unioni di fatto sono quasi raddoppiate: da ca. 500.000 a 972.000 (dati Istat); che il fenomeno delle convivenze di fatto ha un trend di crescita esponenziale e che – conseguentemente – un numero sempre crescente di cittadini risulta privato di diritti fondamentali. Tra questi il diritto alla piena assistenza sanitaria, il diritto alla pensione maturata dal convivente defunto, il diritto di successione, ecc. ecc.).

Istituti creati in surroga della mancata disciplina legislativa dei rapporti delle coppie di fatto , quali PAES (Patto civile di Solidarietà) e DICO (Diritti e Doveri delle Persone Stabilmente Conviventi) sono risultati cure inefficienti, come il ricorso a pannicelli caldi in caso di malattie gravi.
E allora? "Arrangiatevi", come di fatto sembrano pensare i nostri parlamentari!

Intanto in caso di premorienza (specie se improvvisa) del componente della coppia patrimonialmente dotato, niente pensione di reversibilità, nessun diritto successorio, niente diritto di abitazione della casa comune. Né va meglio in caso di malattie gravi: accettare o proporre terapie è un diritto/dovere riservato esclusivamente ai familiari (salvo ricorso a decisioni dei magistrati).

Il notariato di recente si è fatto promotore di possibili patti di convivenza tra i componenti delle unioni di fatto, da stipularsi con rogito notarile. 
Va precisato innanzitutto che da tempo i "matrimonialisti" hanno fornito analitici suggerimenti per la convenzione di patti di convivenza e che le relative bozze sono scaricabili da internet ed utilizzabili in modo del tutto gratuito. Tali accordi possono da tempo essere liberamente sottoscritti dagli interessati, senza necessità di ricorrere al rogito notarile (comunque è opportuno far autenticare le firme). 
Accenniamo ai principali accordi che le coppie conviventi possono opportunamente definire in forma scritta.
E' innanzitutto consigliabile la reciproca designazione di "amministratore di sostegno". Si tratta di una tutela preventiva in vista di un'eventuale incapacità di uno dei due componenti della coppia. Risulterà utile, ove necessario, per evitare possibili recriminazioni o "manovre" di parenti , che potrebbero anche ostacolare o addirittura impedire le terapie mediche praticabili solo con il preventivo consenso dei "familiari di sangue".

Con opportune clausole testamentarie è possibile lenire, a favore del convivente superstite, le rigide regole della successione.
E' inoltre possibile:
1) attribuire i beni acquistati nel periodo di convivenza;
2) prestabilire i criteri per la suddivisione del patrimonio, qualora venga meno la convivenza di fatto;
3) fissare il modo di utilizzo della casa di residenza della coppia, tanto nel caso di immobile cointestato quanto nel caso di immobile condotto in locazione;
4) indicare il contributo di ciascun membro della coppia delle spese necessarie al menage.
Sono accorgimenti che i conviventi di fatto dovrebbero sempre assumere per assicurare un minimo di tutela al proprio partner; il tutto in attesa di una specifica regolamentazione legislativa.

*Avvocato del Foro di Bari


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