di Cinzia Petitti

Il caso e' abbastanza classico. Due coniugi decidono, uno più dell' altro in genere, di separarsi. Uno dei due lascia la casa coniugale ed inizia la lunga trafila in attesa della auspicata udienza Presidenziale.
Nel frattempo si è in terra di nessuno. La regolamentazione dei rapporti con i figli e quelli economici viene lasciata al buon senso dei coniugi che, purtroppo, quasi sempre buon senso non è perchà© nei mesi che precedono una regolamentazione giuridica ognuno da "il meglio di se'".
Ed allora ...ripicche, ricatti, diffide etc....sembrano essere all' ordine del giorno. Ma in assenza di regolamentazione giuridica i terzi (polizia, avvocati, etc..) sono sostanzialmente impotenti.
Uno dei comportamenti cui in genere si assiste e' quello di una drastica riduzione della contribuzione economica solitamente data in costanza di convivenza.
Il coniuge che si allontana dalla famiglia inizia in buona sostanza ad inviare somme di danaro ben inferiori alla propria capacità economia in spregio dell' interesse familiare e, nella sua ottica, in vista della udienza Presidenziale.
Ovvero il diffuso pensiero, ben alimentato anche da noi legali, e': " se adesso invio l' assegno di mantenimento che dovrei dare...poi il giudice mi condannerà a pagare minimo quella somma ma anche probabilmente una somma più alta visto che ho sempre dato quella sino ad oggi..ed allora e' meglio inviare somme più basse...quando poi il giudice mi condannerà a pagare qualcosa in più mi adeguerò".
Fortunatamente i giudici non si lasciano distrarre da queste manovre perchà© non solo basano la quantificazione dell' assegno sui redditi effettivi, sul tenore di vita dimostrato, sulla complessiva capacità patrimoniale ma anche, non raramente,
(come diversi Tribunali tra cui quello di Roma) attribuiscono l' assegno di mantenimento con effetto retroattivo, se richiesto, dal deposito della domanda di separazione. In buona sostanza i furbetti vengono puniti e si trovano a dovere fare man bassa del proprio portafoglio.


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