Di Roberta Tranchida *

Il 6 Aprile 2014 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 39/2014 in attuazione della Direttiva Europea 2011/93/UE avente ad oggetto la tutela dei minori conto lo sfruttamento sessuale minorile e la pornografia minorile. 

In particolare l'art. 2 del Decreto legislativo de quo ha innestato nel corpo del DPR 14 Novembre 2002 n° 313, l'art. 25 bis con il quale si obbligano i datori di lavoro, in qualsiasi ambito, anche sportivo, a richiedere il certificato penale del casellario giudiziale a qualsiasi soggetto egli "intenda impiegare al lavoro" in ordine ad "attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori". 

La norma mira a ricercare la presenza di precedenti penali, con sentenze passate in giudicato, per avvenuta commissione di reati quali artt. 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quater (detenzione di materiale pornografico), 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile) e 609-undecies (adescamento di minori) c.p., ovvero che hanno subito sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.

La ratio della norma è effettuare uno screening nella vita degli operatori per prevenire la commissione dei suddetti reati ai danni dei minori.

Nel caso in cui un datore di lavoro contravvenisse all'obbligo imposto dalla norma sarebbe soggetto ad una pena pecuniaria avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro che va da euro 10.000,00 ad euro 15.000,00.

Gli aspetti che meritano di essere affrontati ed esaminati sono l'ambito soggettivo, quello oggettivo ed i profili applicativi che destano perplessità nei primi commentatori. Il provvedimento sembra avere un destinatario diretto, il "datore di lavoro" ed uno indiretto, ovvero "colui che presta attività lavorativa". 

Infatti, se il primo può assumere personale solo se questi è munito della certificazione de qua, è il lavoratore subordinato che è onerato dall'esibire la stessa al datore di lavoro.

Una prima questione si pone con riferimento ai rapporti ai quali si applica il presente provvedimento. Infatti esso sembrerebbe riguardare solo "i rapporti di lavoro subordinato", restando esclusi, dunque i prestatori d'opera individuale e/o occasionale. La circoscrizione non può non sollevare qualche dubbio nell'interprete in quanto il pericolo si annida in ogni occasione in cui vi sia un contatto tra il presunto reo ed il minore. L'eventuale pedofilo che volesse avvicinare un bambino non sarà certo disincentivato dal rapporto occasionale e/o autonomo. Basti pensare al professionista che occasionalmente collabora con le strutture sportive, educative e ludico-sportive. Risulta icto oculi evidente che il problema verrà risolto dall'interprete il quale avrà due possibilità: o adottare un'interpretazione estensiva allargando l'ombrello protettivo e facendovi rientrare queste figure escluse o si attenersi alla lettera della norma frustrando di fatto lo scopo di essa, tertium non datur.

Quanto all'ambito oggettivo il disposto normativo si rivolge a tutte quelle ipotesi in cui, in ragione delle attività svolte, vi è "contatto diretto e regolare con il minore". Tale dizione coinvolge dunque scuole, impianti e strutture sportive, soggiorni estivi, strutture ludico-ricreative, ecc. Tuttavia anche qui il legislatore è stato nebuloso e lacunoso. Non avendo fatto un elenco indicativo di quali attività e strutture vi rientrino sarà l'interprete a dovere di volta in volta secernere le varie ipotesi. 

Si ricorda, peraltro, che tutte le volte in cui il legislatore nulla specifica, ed è l'interprete a dovere operare, si possono avere difformità di orientamento tra le varie regioni d'Italia.
Ma i dubbi non si arrestano alle questioni appena sollevate. Infatti, la norma non chiarisce chi dovrà irrogare la sanzione e su chi graverà il costo del certificato, considerato anche il fatto che esso ha una validità semestrale. 

Ma la questione che chi scrive maggiormente si pone è la seguente: un certificato del casellario giudiziale sarà davvero in grado di ridurre i reati a danno dei minori? Da avvocato non posso non ricordare a me stessa che molti dei reati de quibus sono fattispecie sommerse, in quanto si verificano nell'ambiente familiare, scolastico, parrocchiale e vi è una certa reticenza nel denunciare. La vittima prova vergogna e, a suoi occhi, spesso, l'aguzzino è qualcuno nei cui confronti provare timor riverentialis. 

Per non parlare, poi, della pesantezza psicologica del processo penale, non solo per l'imputato ma anche per la parte offesa che dovrà, di volta in volta, ricostruire fatti, episodi, gesti, facendo riaffiorare alla memoria ricordi e sensazioni sgradevoli. Tutto ciò si traduce in una ritrosità all'esternazione ed alla querela. 

Inoltre il certificato del casellario giudiziale fotografa soltanto i casi di procedimenti conclusi definitivamente e non fa menzione, ovviamente, dei procedimenti ancora in corso. Considerando i tempi della giustizia, potrebbero volerci anni prima che il nome di un soggetto pedofilo sia inserito nel casellario giudiziale.

Forse sarebbe stata più opportuna una perizia psicologica effettuata da un medico della ASL e tesa a riscontrare eventuali tendenze ed inclinazioni pedofile, Un po' come la visita oculistica prodromica al conseguimento e conseguente rilascio della patente di guida. Si tratterebbe di un esame da effettuare una volta, e non un certificato con valenza semestrale.

* Avvocato del Foro d Trapani 26Non mi piace più · · 


Tags: Certificato;antipedofilia