Gli accordi pre-matrimoniali sono dei patti che vengono stipulati dai nubendi in prossimità del matrimonio (o dai coniugi in sede di separazione consensuale, e in vista del futuro divorzio) per regolare gli aspetti patrimoniali in caso di un eventuale cessazione del matrimonio, al fine di deflazionare le controversie familiari e divorzili. Questi patti, molto usati nei paesi anglosassoni, sono sempre stati ritenuti, dalla giurisprudenza italiana, nulli per illiceità della causa, in quanto in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno divorzile (Cass. n. 6857 del 1992).

Il suddetto orientamento è stato criticato da parte della dottrina poichè non riconosce l'evoluzione dei principi del diritto di famiglia che tende a riconoscere più autonomia ai coniugi nella regolamentazione dei loro rapporti di natura economica in caso di crisi del rapporto coniugale.

La Corte di Cassazione, alla luce del recente dibattito in materia, con la sentenza n. 2373 del 21 dicembre 2012 ha aperto uno spiraglio sull' ammissibilità di tal genere di accordi nel nostro ordinamento: nel caso esaminato, infatti, la Corte ha ritenuto valido un accordo, stipulato da una giovane coppia, qualche giorno prima di convolare a nozze, in cui era previstoil trasferimento di un immobile, in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, da parte della moglie al marito, a titolo di «indennizzo delle spese sostenute» da quest'ultimo «per la ristrutturazione di un altro immobile» pure di proprietà della moglie «da adibirsi a casa coniugale».

La Corte ha ritenuto tale genere di accordo ammissibile in quanto il fallimento del matrimonio «non viene considerato come causa genetica dell'accordo, ma è degradato a mero evento condizionale». Se, infatti, il fallimento del matrimonio, fosse stato assunto come causa genetica del suddetto patto, quest'ultimo sarebbe stato nullo in quanto avrebbe costituito una sorta di "sanzione dissuasiva" volta a condizionare la libertà decisionale degli sposi in ordine all'assunzione di iniziative tendenti allo scioglimento del vincolo coniugale.

Nel caso di specie,invece, il patto non ha assunto la funzione di una "penale" per il recesso dal vincolo coniugale, né ha intenso regolare l'intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante degli stessi (come la corresponsione dell'assegno), ma è stato strutturato come un vero e proprio contratto, caratterizzato da prestazioni e controprestazioni tra loro proporzionali e collegate, dove la rottura del rapporto coniugale è stato considerato come "mero evento condizionale" che fa scattare il diritto a tali prestazioni, e non come "causa genetica dell'accordo", inquadrato come «libera espressione della autonomia negoziale». Ancor più chiaramente, i giudici di Cassazione hanno affermato che ci si trova di fronte ad un «accordo tra le parti, libera espressione della loro autonomia negoziale, estraneo alla categoria degli accordi pre-matrimoniali (ovvero effettuati in sede di separazione consensuale) in vista del divorzio, che intendono regolare l'intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come la corresponsione di assegno), con possibili arricchimenti e impoverimenti».

Inoltre, la condizione (il ''fallimento'' del matrimonio), nella specie sospensiva, non è in contrasto con le norme imperative (cfr. art 160 c.c.), in quanto in costanza di matrimonio, ai sensi dell'art 143 c.c., i coniugi hanno il dovere reciproco di contribuzione: ovvero entrambi i coniugi devono cooperare alle spese per il raggiungimento di un fine comune. Ne consegue, quindi, che, "nell'ambito di una stretta solidarietà tra i coniugi, i rapporti di dare ed avere patrimoniale subiscano, sul loro accordo, una sorta di quiescenza, una ''sospensione'' appunto, che cesserà con il ''fallimento'' del matrimonio, o con il venir meno, provvisoriamente con la separazione, e definitivamente con il divorzio, dei doveri o diritti coniugali".

In sintesi, sono da considerare nulli, quindi, esclusivamente quegli accordi che mirano a regolare, per il futuro, l'intero assetto patrimoniale dei coniugi e che configurano la separazione o il divorzio come una sorta di "penale" per il "recesso anticipato" dal matrimonio.




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