Non poche problematiche pone l'interpretazione della voce del minore allorquando vi sia discordanza di pareri tra vari esperti coinvolti: es. CTU, Giudice Istruttore, servizi sociali. Quale interpretazione prediligere? La mancanza di raccordo e di intenti tra giudici e figure professionali coinvolte sicuramente porta verso risultati non positivi. L'esame di una fattispecie giudiziaria che ha coinvolto un minore nell'arco di circa sette anni della sua vita può sicuramente essere illuminante.
Il minore, quasi adolescente, esplicitava il suo desiderio di affidamento al padre, anziché alla madre, in diverse circostanze nel corso della lunga e complessa vicenda processuale che lo ha coinvolto.
In nessuna circostanza egli ha mai contraddetto tale sua volontà e desiderio.
Le ragioni da lui addotte venivano espresse con il linguaggio dei bambini e dei ragazzi, non articolate e approfondite sul piano razionale, sembravano collegate a desideri concreti (come è concreta l'ideazione dei bambini e dei ragazzi), ma non erano mai evasive, contraddittorie, incerte.
Al ragazzo, ascoltato per ben due volte dal Giudice Istruttore, venivano rivolte domande del tipo con chi vuoi vivere? Perché vuoi vivere con tuo padre?
Il minore sempre manifestava la propria preferenza per il padre ma di fronte al motivo di tale scelta..incerto, titubante rispondeva con il suo linguaggio " non lo so" oppure "aspetta" od ancora "voglio imparare più cose", "voglio vedere come è vivere con mio padre". Il Giudice istruttore confermava i provvedimenti provvisori di collocamento presso la madre motivando che, nonostante il ragazzo avesse dichiarato di volere andare a vivere con suo padre, egli non aveva saputo fornire elementi giustificativi che supportassero adeguatamente la sua scelta….ciò ..induceva a dubitare delle libertà della scelta espressa… ed era considerata sintomatica in tale senso l'insistenza con cui il padre aveva chiesto di ascoltare nuovamente il minore.
Il provvedimento disattendeva in tutto la illuminante CTU, effettuata nel corso del giudizio e considerata tanquam non esset, confermando, invece la breve relazione dei servizi sociali incaricati elaborata dopo insufficienti colloqui con i genitori.
La Consulenza Tecnica d'Ufficio nelle sue conclusioni rivelava che fosse il padre a potere garantire in maniera più adeguata le funzioni affettive, regolative e tutelari nei confronti del minore rilevando carenze materne tali da portare alla lunga a seri pregiudizi per il minore. E ciò considerando che attraverso i numerosi colloqui con le parti coinvolte e nel loro contesto ambientale fossero emersi dati allarmanti: il minore appariva costantemente attento a non rivelare nulla, non solo di ciò che accadeva nel nucleo materno…apparendo omertoso; v'era la possibilità che il minore ricevesse messaggi, presumibilmente dalla famiglia materna, inerenti la necessità di tacere sulle sue esperienze e su quelle dei familiari… (peraltro il Ctu aveva evidenziato "la manifestazione della madre di una serie di modalità indirette, di tipo.. talora manipolativo" ed ancora "esperienze di falsificazione della realtà nella storia bambino").
Come e' finta a la storia? Appena compiuti diciotto anni, il figlio ha preso la sua valigia ed ha bussato alla porta del padre, dando esecuzione a quel desiderio che quattro anni prima avrebbe dovuto realizzare il Tribunale.
Auspicabile, quindi, sempre e comunque il coordinamento tra Giudice Istruttore, Consulenti Tecnici e Servizi Sociali...perché il caso raccontato non e' certo isolato...
Ed al di la' di questa ineludibile finalità, non bisogna, comunque, mai trascurare l'orientamento giurisprudenziale che tende ad attribuire alle dichiarazioni e desideri dei minori di età più elevata (adolescenti e preadolescenti) un valore significativo (anche se non decisivo) che dovrebbe essere tenuto in debito conto dal Giudice, il quale dovrebbe disattenderlo solo in presenza di fatti concreti, specifici e documentati che consiglino o impongano un diverso provvedimento e rivelino una incapacità del minore di rendersi pienamente conto della scelta compiuta.
E' poi alquanto facile arrivare anche ad una serie di altre conclusioni che il novello articolo 336 bis c.c.sull' ascolto del minore non sembra avere accolto quali:
1) evitare le aule del Tribunale come sede di ascolto, trattandosi di luogo traumatizzante a qualsiasi età;
2) non limitare l' ascolto ad una sola e spesso breve audizione nell'ambito di una udienza;
3) evitare domande banali imbarazzanti per i minori del tipo "con chi vuoi stare: con mamma o con papà".
Domande che fortunatamente si sentono sempre meno nei nostri tribunali!
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