Un episodio di cronaca avvenuto in ambito scolastico e riportato qualche giorno fa nelle pagine di questa rivista ha suscitato profonde riflessioni tra i nostri lettori che, pubblicamente o in privato, ci hanno espresso i loro pensieri e le loro preoccupazioni. L'episodio di cronaca era legato all'aggressione fisica violenta che due genitori avevano compiuto, presso il Liceo Classico di Cosenza, nei confronti della docente che sostituiva il dirigente scolastico, a dimostrazione del loro disappunto per la bocciatura della propria figlia.
Purtroppo episodi del genere non sono isolati. I mass media ci informano sempre più spesso di casi di violenza all'interno delle scuole, ancora più frequenti proprio in questo periodo in cui si tirano le somme del percorso di un anno scolastico. Ma non solo.
La mia esperienza di educatrice nella scuola mi testimonia come l'ambiente scolastico diventi sempre più frequentemente focolaio di conflitti, a volte latenti, a volte che esplodono violentemente, a tutti i livelli, tra famiglie e insegnanti, tra insegnanti e insegnanti, tra corpo docente e dirigenza scolastica, tra giovani e adulti, tra studenti e studenti.
La scuola che per sua natura è chiamata ad essere luogo di socializzazione e sviluppo delle competenze sociali, luogo di armoniosa costruzione di relazioni, appare sempre più in difficoltà nell'affrontare questo ruolo. Conflitti, violenze, bullismo, sono soltanto alcuni tra gli aspetti negativi che essa si trova ad affrontare, spesso senza risposte adeguate, oppure con risposte che tentano di arginare il disordine senza però porre le basi per la possibilità di costruire un nuovo ordine.
In passato la scuola era luogo di relazioni sane e di socializzazione in cui prevaleva l'osservanza delle regole e il rispetto tra i membri. Oggi lo scenario è cambiato e come tutte le istituzioni educative, anche la scuola si trova impreparata a gestire rapporti generazionali difficili e compromessi.
Questi fenomeni degenerativi dei normali rapporti relazionali in ambito scolastico purtroppo non interessano soltanto l'Italia. È di qualche giorno fa la notizia che in una cittadina della regione dei Pirenei, in Francia, in un istituto elementare, una maestra è stata uccisa, colpita con un coltello dalla mamma di una piccola alunna, mentre si trovava in classe, davanti agli altri allievi, piccoli e innocenti testimoni. E sebbene in un certo senso questo episodio sia estremo, rimane comunque significativo a dimostrazione della deriva in cui la società stia scivolando.
Fronteggiare in modo adeguato questi allarmanti segnali diventa l'imperativo della scuola dei nostri tempi, di una scuola dove è necessario gettare le basi per un progressivo cambiamento di queste situazioni di disagio relazionale.
Dalle pagine di questa rivista, attraverso l'opera del Centro di Mediazione Dolce, grazie soprattutto all'impegno tenace dei formatori e mediatori, l'avvocato Enrico Franceschetti e il dottor Umberto De Marco, in questo anno sociale è stata incessante l'opera di promozione culturale della mediazione, come metodo risolutivo dei conflitti.
La consapevolezza del problema dei conflitti relazionali tocca il vivere di tutti in modo sempre più profondo: le relazioni umane sono caratterizzate da contraddizioni, da confronti tra bisogni diversi, incomunicabilità. Tutti ne facciamo esperienza. Chi non sa gestire con serenità queste differenze le vive in modo drammatico e le affronta con una chiusura comunicativa e con aggressività. I conflitti, invece, possono evolvere positivamente traducendosi in elementi di crescita se ci si abitua ad affrontarli in maniera sana e costruttiva.
La mediazione ha in se stessa questa vocazione perché la sua finalità è fare incontrare le persone perché possano scoprire spazi di accoglienza e di dialogo, partendo proprio dal riconoscimento del conflitto. La pratica della mediazione aiuta a far emergere i sentimenti e le emozioni reciproci, consentendo alle controparti di recuperare gli spazi necessari per riallacciare dialogo e legami.
Se ciò è efficace in ambito familiare, che è il settore fondamentale in cui opera la mediazione, lo sarà ancor di più nell'ambito di una istituzione come la scuola che ha determinate responsabilità pedagogiche nei processi di formazione degli individui.
Noi del Centro di Mediazione Dolce crediamo che la pratica della mediazione, con la sua educazione alla disponibilità verso l'altro, possa diventare il presupposto per un' opera di formazione anche all'interno delle scuole, per promuovere un patto educativo degno di questo nome, per contribuire ad incrementare la cultura del dialogo e dell'ascolto.
Diffondere la mediazione nelle scuole significa far evolvere positivamente i conflitti aprendo alla comprensione e all'accoglienza della diversità. E questo aiuterebbe la scuola a riacquistare la sua identità di luogo di crescita e di socializzazione.
Questo è l'auspicio che ci conferma nell'assunzione del nostro impegno e della nostra scelta.
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