Al di là delle inevitabili osservazioni di carattere psicopatologico che riguardano chiunque agisca secondo inosservanza e violazione dei diritti degli altri, occorre sottolineare che spesso i rumori da appartamento trascendono in vere e proprie condotte persecutorie sussumibili nel reato di stalking. Ne abbiamo sentito molto parlare soprattutto nei casi di violenza alle donne, storiografia tragicamente ricca. Le legge di riferimento è l'articolo 612 bis del Codice penale, introdotto nel 2009 e che può essere applicata in tutti quei contesti in cui sia posta in essere un'attività insistita in grado di generare inquietudine in chi la subisce. Deve essere punito ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 612 bis c.p. chi molesta ripetutamente i condomini di un edificio, in maniera tale da provocare agli stessi uno stato di ansia.
Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte Cassazione con la sentenza n° 20895 del 25 maggio 2011. Lo stalking condominiale si configura come un insieme di atti ripetuti volti ad arrecare volontariamente ad uno o a una pluralità di condomini un disturbo intollerabile per un periodo prolungato di tempo, tale da condizionarne la vita di tutti i giorni. Le azioni volontarie e reiterate sono elementi che costituiscono lo stalking, mentre il condominio costituisce il locus commissi delicti.
Purtroppo, alcune persone, di fronte ad un appunto sulla correttezza delle proprie abitudini, anziché fare un po' di autocritica, chiedere umilmente scusa e cambiare atteggiamento, hanno la reazione inversa ed i rumori assumono la forma di vere e proprie persecuzioni (e quindi si può parlare di stalking condominiale).
In questo caso, la reazione dell'ordinamento giuridico è molto forte, in quanto può essere anche disposto l'allontanamento del vicino rumoroso dalla propria abitazione. L'illecito costituito dalla perpetrazione di atti persecutori si presenta per chi ne rimane vittima, come fatto che è titolo per chiedere il risarcimento del danno. In particolare è dovuto il risarcimento del danno non patrimoniale, in relazione ad un reato che colpisce direttamente la sfera della libertà morale della persona, la sua quiete, la sua tranquillità, l'ordinarietà dei suoi comportamenti e l'ambito dei sentimenti e degli affetti.
Spesso, chi subisce, è costretto ad affrontare un percorso esterno (iter‐legale) e interno (elaborazione psichica) lungo e difficile; si tratta di eventi particolarmente traumatici o comunque ansiogeni che incidono negativamente sullo stato di salute globale, con modificazioni in senso peggiorativo dell'equilibrio psicologico e dello stile di vita relazionale/affettivo.
Nella valutazione del danno alla persona, gli illeciti e i reati si configurano come eventi psicosociali stressanti che possono generare un trauma di natura psichica. Alcune ricerche, infatti, mostrano che il rumore attiva il sistema endocrino e simpatico provocando cambiamenti fisiologici acuti che sono identici a quelli che intervengono in risposta ad un generico stress.
Lo psicologo forense è lo specialista più idoneo per la valutazione del danno psichico e da pregiudizio esistenziale, avendo fra le sue competenze la possibilità di effettuare diagnosi con strumenti di indagine, quali il colloquio clinico e i test appropriati, ai fini dell'accertamento e la valutazione del danno (come consentito e disposto dall'art. 1 della legge n° 56/89).

*psicanalista/criminologo


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