"Il processo non soddisfa nessuno...noi giudici istruttori dei giudizi di separazione e divorzio ben lo sappiamo...la nostra soluzione non e' la vostra soluzione e quindi vi consiglio di adottarne voi una con l' aiuto dei vostri avvocati".
Un giovane giudice, appena giunto in sezione, si rapporta così in maniera pacata e sincera con i due coniugi presenti davanti a lui e con i suoi avvocati per discutere una nuova istanza di modifica delle condizioni in corso di causa.
Lo diciamo noi attraverso la nostra pagina da tempi non sospetti oggi lo dicono loro proprio i Giudici.
Qualcosa deve cambiare davvero allora e non c'è' altra via di fuga!
Eppure molti di coloro che si rivolgono ad un avvocato ancora guardano in maniera sospettosa l' accordo, la negoziazione, la consensualizzazione loro proposta.
Molti purtroppo sono animati da sentimenti di rivalsa e si arrendono alla evidenza, la necessità di trovare un accordo, solo dopo l' avvio del loro processo di separazione, dopo mesi od anni dal loro inizio. Quando finalmente si rendono conto che quanto profetizzato dal loro legale sin dal primo giorno che hanno varcato la soglia del suo studio e' il massimo che possono ottenere da quel processo.
"Voglio vedere come giudicherà il suo comportamento il magistrato, voglio proprio vedere che sonora strigliata di orecchie gli/le darà ...lasci stare avvocato non cerchi accordi con queste carte in giudizio non potremo non trovare giustizia, non potrò non avere il risarcimento di quello che ho subito".
Quante volte questo grido di dolore ci è' stato rivolto?
Infinite ...
E quante volte ancora dopo avere convinto (e già questo termine non e' idoneo perché non bisogna convincere qualcuno ad un accordo ma è questo qualcuno a dove essere condotto a pensare che quella è la migliore soluzione al momento) una parte a sottoscrivere una convenzione di separazione questi abbia revocato il proprio consenso dopo poco o qualche tempo?
Ed in questo ' ultimo caso a chi andrà la colpa per averli convinti a sottoscrivere le intese?
La risposta e' ovvia al malcapitato legale che si è' permesso di interrompere la guerra giudiziaria e l' escalation di violenza psicologica da essa derivante.
Ma allora: qual'è la domanda che si rivolge agli avvocati ed ai magistrati? Una domanda di giustizia o una domanda di vendetta? Pensateci bene. E poi spiegatevi il perché certe cose vanno come vanno...
Il problema e' proprio questo. Le clausole di una convenzione di separazione non devono essere accettate "tanto per ",senza un convincimento che quella soluzione, trita e ritrita, sia la migliore.
Ed il punto e' proprio questo quella soluzione deve essere accettata dal cliente, fatta propria e per questo occorre un tempo, n'è troppo breve n'è troppo lungo, per farlo.
Troppo breve:..... raggiungere un accordo veloce davanti al magistrato molto spesso lascia insoddisfatte le parti. Raggiungerlo nello studio di un avvocato, anche qui dopo una due sessioni, parimenti lascia ampio margine di scontentezza.
Troppo lungo. ......aspettare troppo tempo tra la sottoscrizione dell' accordo di separazione e la sua omologazione ( anche superiore al trimestre) pone adito a ripensamenti, a revoche del consenso, anche su punti poco significativi dell' accordo, con conseguenze processuali anche molto complicate.
Ed allora ecco che ci viene incontro il nuovo istituto della negoziazione che se applicato in maniera corretta può accogliere tutte le esigenze di cui sopra.
In maniera corretta deve essere applicato ab origine proprio dagli avvocati e ciò a partire dalla famosa lettera di invito alla negoziazione che una parte invita all' altra informandolo della sua volontà di definire la separazione, il divorzio a la loro modifica con questo strumento innovativo.
Ma c'è chi non lo vede nel verso giusto , ovvero come un invito a collaborare per trovare una soluzione concordata.
Perché capita come al sottoscritto che il collega della parte risponda: si siamo disponibili ma quali sono le condizioni...che vuole il tuo assistito?
Non funziona così affatto.
Cosa e' la negoziazione?
Come un qualsiasi negoziato anche in tempo di guerra ci si siede al tavolo della trattative, si espongono le reciproche esigenze e si collabora, e la norma vorrebbe in buona e non in mala fede, al fine di individuare possibili condivise soluzioni.
Ed il diritto collaborativo lo abbiamo importato proprio dall'America ...
Ma purtroppo il concetto di collaborazione in buona fede e' duro da fare venire a galla...perché la mentalità rimane quella del vinco io o vinci tu. Del devo nascondere i miei redditi per fregarti, devo nascondere il mio lavoro a nero per la stessa ragione.
Sedersi al tavolo di conciliazione con questa mentalità porterà inevitabilmente a brutte consensuali, a brutte negoziazioni, a ripensamenti, scontento e successivo rientro dalla finestra di quello che si era voluto evitare: il Tribunale.
Se usato correttamente l' istituto veramente può dirsi che porti diritto diritto vero la separazione od il divorzio sprint.
Invito alla negoziazione, convenzione di negoziazione e negoziato (l' accordo appunto) tutto può essere gestito in tempi ragionevoli.
E dalla sottoscrizione, senza passare dal Tribunale ma dalla Procura solo per un veloce parere od assenso del Pubblico Ministero, senza lo stress della comparizione in Tribunale che anche la più tranquilla delle separazioni consensuali impone, sino alla trascrizione al Comune della separazione o divorzio passa un lasso di tempo davvero esiguo ...da pochi giorni ad un paio di settimane ...
Vogliamo davvero cambiare le cose? Allora facciamolo ma facciamolo sul serio!
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