Vicende come quella che andremo a raccontare sono di quelle che la società civile non vorrebbe mai ascoltare, ma a cui, purtroppo, i pregiudizi, ancora difficili da sradicare, ci costringono.
La cronaca dei recenti giorni ha portato a conoscenza dell'opinione pubblica la vicenda di una bambina di undici anni, che nella sua breve vita, difficile e faticosa, ha subito il 36° rifiuto da una istituzione pubblica. A Capodarco, in Campania, in provincia di Caserta è stata negata a questa bambina la possibilità di frequentare la scuola media. La piccola era stata inizialmente accettata dall'istituto, perché, per legge, la sua disabilità certificata di ritardo cognitivo non le precludeva questa possibilità. Ma appena a scuola sono arrivati tutti i documenti sanitari, i dirigenti si sono accorti che la bambina era anche positiva al virus dell'HIV, e hanno rifiutato l'iscrizione, adducendo come banale scusante il fatto che nella scuola non ci fosse più posto disponibile, e arrivando a consigliare l'istruzione a distanza.
Prima di questa istituzione scolastica, ben altri trentacinque no erano stati vissuti dalla bambina, a livello istituzionale, perché tante sono state le comunità di accoglienza accreditate nel comune di Napoli, vittime di un cieco pregiudizio che vuole questa malattia come contagiosa, che non hanno voluto accogliere la bambina.
La Procura di Napoli a questo punto ha scelto per la bambina una famiglia affidataria che si era resa disponibile ad accoglierla
Ed è stata proprio la famiglia affidataria che ha denunciato questa vicenda di bieca discriminazione ai media e ha addirittura scritto una lettera di denuncia al Ministro dell'Istruzione.
Quella di questa bambina è una triste storia di rifiuti e di carenze istituzionali che sono chiaramente diventati una violazione di diritti fondamentali della persona. I genitori affidatari della bambina, raccontando la sua storia, hanno affermato che fino allo scorso anno la bambina ha frequentato regolarmente la scuola, perché mai nessuno prima si era accorto della sua malattia. Poi a dieci anni, un ricovero in ospedale ha conclamato la malattia della bambina che a quell'età pesava soltanto sedici chili. Ed è stato lì che le istituzioni si sono accorte che la sua famiglia di origine della non poteva più prendersi cura di lei. Una storia di povertà sociale, umana ed economica
Poi il colmo di questa storia di rifiuti e di carenze affettive ed istituzionali: mentre l'istituzione scolastica di cui si è detto sopra, aveva accolto inizialmente la bambina che si iscriveva in prima media, il 4 Settembre c'è stato il rifiuto definitivo. La famiglia affidataria ha denunciato quindi il tutto catalogando il rifiuto come "paura irrazionale e ignoranza".
Ricordiamo che esistono tutta una serie di ordinanze ministeriali e di testi legislativi che tutelano appunto l'inserimento a scuola delle persone diversamente abili.
Ma evidentemente queste normative nulla possono contro l'ignoranza e i pregiudizi.
Dall'altro lato, a seguito di questa triste ed indecorosa vicenda, molti si sono dichiarati a favore della bambina a livello istituzionale: il Tribunale dei Minori, la Procura, gli assistenti sociali incaricati del caso, l'Asl e anche il vescovo di Aversa, che avrebbe dato la disponibilità ad accogliere la bambina in una scuola della diocesi. E la società civile, naturalmente.
Per fortuna l'intervento diretto del Ministro dell'Istruzione ha consentito alla bambina di essere finalmente accolta in un'istituzione scolastica pubblica e il 3 Novembre scorso è stato per lei il primo giorno di scuola. "Credo di aver esercitato con tempestività e senso di giustizia il mio dovere, che è quello di garantire a tutti gli studenti in condizioni anche di svantaggio e disabilità, di usufruire del diritto di istruzione che è un diritto fondamentale. Ai genitori che temono un rischio per la salute dei propri figli, mi sento di dire che la scienza è la cornice che dà tutte le garanzie per valutare quali sono i casi di pericolosità e quali i casi in cui non c'è alcun rischio. Questo è un caso del genere, quindi non credo che si possa rimanere prigionieri di un timore che è infondato", ha affermato il Ministro.
Tra i genitori degli alunni della classe della bambina si è costituito volontariamente un comitato che controllerà che la piccola sia seguita con attenzione e che non le venga usata nessuna discriminazione.
La violenza e il rifiuto da lei subìti, però, non saranno facilmente dimenticati dalla stessa e da chi si prende cura di lei.
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